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Covid 19 e Lockdown: come la deprivazione ambientale ha modificato le strutture cerebrali

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Il cervello dei mammiferi, e quindi anche della specie umana, si è evoluto in stretta sincronia con l’ambiente naturale. Numerosi studi in letteratura hanno dimostrato che tanto più un individuo cresce in un ambiente pieno di stimoli, tanto più il cervello diventa plastico e resistente ad eventuali danni o decadimento cognitivo.
Nel corso dei decenni, la ricerca scientifica ha dimostrato come l’ambiente arricchito sia risultato uno dei maggiori fattori di protezione per il declino fisiologico e cognitivo del nostro cervello, favorendo lo sviluppo della neuroplasticità (Petrosini L. et coll., 2009).

Come il lockdown ha stravolto le nostre abitudini


Con la recente pandemia da Covid-19, le abitudini di tutti noi sono cambiate, soprattutto durante i periodi di lockdown. Fattori fondamentali per un ambiente arricchito, quali la socialità, l’attività fisica, praticare hobbies, viaggiare, lavorare in gruppo, sono venuti meno in questo ultimo anno. Ciò ha avuto ripercussioni non solo a livello psicologico (con un aumento di sintomi di natura depressiva, ansiosa, disturbo post-traumatico da stress e disturbi del sonno; Vindegaard N. e coll., 2020) ma anche a livello cognitivo, in particolar modo a livello di attenzione, concentrazione, funzioni esecutive e disorientamento temporale (Fiorenzato E. et coll. 2021).

Diversi studi in letteratura hanno evidenziato come alcune strutture cerebrali si siano modificate a causa della deprivazione ambientale e per l’alto livello di stress percepito durante questo ultimo anno di pandemia.

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Le conseguenze del lockdown sul cervello

Uno studio del 2020 (Salomon T. e coll., 2020) ha confrontato le scansioni cerebrali pre e post lockdown di soggetti sani, evidenziando un aumento di volume cerebrale nell’amigdala, nell’area dorsale del putamen e nella corteccia temporale anteriore ventrale dei partecipanti nella seconda scansione. In particolar modo, le modificazioni hanno interessato l’amigdala, area chiave nell’ integrazione di processi neurologici superiori come le emozioni (in particolar modo la paura) e nei sistemi dell’apprendimento e della memoria emozionale (Gallagher M., 1996).

L’alto grado di paura e stress, l’isolamento forzato e la diminuzione delle attività durante il lockdown, avrebbero portato i partecipanti ad avere una iperattività e un maggiore volume neurale in queste aree, con conseguenti difficoltà a livello emotivo e cognitivo (Salomon T. e coll. ,2020).

Una allegoria delle sensazioni provate dal cervello durante il lockdown

Le alterazioni della corteccia prefrontale PFC

Anche a livello prefrontale sono state riscontrate delle alterazioni funzionali (Offord C., 2020). La corteccia prefrontale (PFC), area del cervello deputata alle nostre funzioni cognitive superiori, ha un ruolo chiave nell’analisi delle emozioni che l’amigdala associa a uno stimolo.
I ricercatori hanno ipotizzato che la PFC, durante questo periodo di lockdown, abbia risentito della iperattivazione dell’amigdala che, attivando ulteriori aree del nostro cervello, l’abbia inibita non facendola funzionare in modo ottimale.
Questo potrebbe spiegare come mai molte persone durante il lockdown sono state in preda all’emotività, alla paura e allo stress, senza essere in grado di razionalizzare quanto accaduto e trovandosi in difficoltà a compiere operazioni cognitive complesse.

Inoltre, si è vista una minore attivazione della PFC anche a causa della mancanza di interazioni sociali con altre persone, senso di solitudine, riduzione di attività e interessi (Offord C., 2020).

La solitudine e l’isolamento durante il lockdown

L’isolamento e il desiderio di cibo

Anche il volume dell’ippocampo e il livello di attivazione della substantia nigra e dell’area tegmentale ventrale (VTA) hanno subìto delle variazioni durante la pandemia (Tomova L. et coll., 2020). Uno studio del Massachusetts Institute of Technology spiega che l’isolamento e la solitudine provate in questi mesi condividono una base neurale col desiderio di cibo che proviamo quando abbiamo fame.

La substantia nigra e la VTA sono risultate tanto più attive quanta più voglia di socializzazione e cibo era presente nei partecipanti, con una relazione inversa tra i due fattori (Tomova L. et coll., 2020). Dunque, tanto più siamo soli, tanto più saremo inclini a compensare il nostro vuoto affettivo con il cibo.
E’ stato inoltre osservato che, proprio a causa di una dieta mal bilanciata associata a una minor attività fisica e di un aumento del senso di solitudine e stress correlati al lockdown, anche l’ippocampo abbia subito una diminuzione di volume (Otsuka R. et coll., 2020) e di fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), portando a difficoltà nell’orientamento, apprendimento e nella memoria (Offord C., 2020).

Il desiderio di cibo e le alterazioni del cervello

Saranno necessari ulteriori studi per monitorare ulteriori cambiamenti e se quelli esaminati rimarranno stabili nel tempo o si invalideranno con il ritorno a un ambiente ricco di stimoli e interazione sociale.

Il ritorno a un pieno coinvolgimento mentale e fisico con ambienti complessi, infatti, potrebbe rafforzare la connettività sinaptica in termini di neurogenesi e ottimizzazione dei network neuronali preesistenti, rendendo queste difficoltà cognitive prettamente transitorie e non durature nel tempo.

Bibliografia

Fiorenzato E., Zabberoni S., Costa A., Cona G.. Cognitive and mental health changes and their vulnerability factors related to COVID-19 lockdown in Italy. Plos One, January 27, 2021.

Gallagher M., Chiba A.A. The amygdala and emotion. Curr Opin Neurobiol. 1996 Apr;6(2):221-7. doi: 10.1016/s0959-4388(96)80076-6. PMID: 8725964.

Offord C., How social isolation affects the brain, The Scientist Magazine, Jul 13, 2020.

Otsuka R., Nishita Y., Nakamura A., Kato T., Iwata K., Tange C., Tomida M., Kinoshita K., Nakagawa T., Ando F., Shimokata H., Arai H.. Dietary diversity is associated with longitudinal changes in hippocampal volume among Japanese community dwellers. Eur J Clin Nutr. 2020 Sep 2.

Petrosini L., De Bartolo P., Foti F., Gelfo F., Cutuli D., Leggio M.G., Mandolesi L., On whether the environmental enrichment may provide cognitive and brain reserves; Brain Research Reviews, Volume 61, Issue 2, 2009, Pages 221-239, ISSN 0165-0173.

Salomon T., Cohen A., Ben-Zvi G., Gera R., Oren S., Roll D., Rozic G., Saliy A., Tik N., Tsarfati G., Tavor I., Schonberg T., Assaf Y. Brain volumetric changes in the general population following the COVID-19 outbreak and lockdown. BioRxiv, September 12, 2020.

Tomova L., Wang K.L., Thompson T., Matthews G.A., Takahashi A., Tye K.M. Saxe R.. Acute social isolation evokes midbrain craving responses similar to hunger. Nature Neuroscience volume 23, pages1597–1605(2020)

Vindegaard N., Benros ME. COVID-19 pandemic and mental health consequences: Systematic review of the current evidence. Brain Behav Immun. 2020 Oct; 89:531-542. doi: 10.1016/j.bbi.2020.05.048. Epub 2020 May 30. PMID: 32485289; PMCID: PMC7260522.



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